Doomstadt, Latveria
Sasha Hammer ha dormito malissimo. Le segrete del Castello Destino non sono inospitali quanto lo erano nel medioevo, ma sono pur sempre una prigione.
Nonostante la stanchezza, si sente furiosa mentre cammina per i corridoi del castello scortata da due robot. Se non fosse per le catene ai piedi e le pesanti manette che ne inibiscono i poteri si vendicherebbe per questa umiliazione. Ed ha tutta l’intenzione di farla pagare a chi l’ha incarcerata.
Ma quando raggiunge la sala del trono non ha di fronte il Dottor Destino. Seduta sul trono c’è una ragazza dai lunghi capelli corvini, della stessa età se non più giovane di Sasha, che indossa un’armatura reminiscente di quella di Destino ed il suo stesso mantello.
-Sono proprio necessarie le manette? – dice la ragazza, alzandosi dal trono ed avvicinandosi.
-Che fine ha fatto Destino? E tu cosa sei, la sua cosplayer ufficiale? – chiede Sasha.
La ragazza in armatura sorride compiaciuta, prima di colpirla con uno schiaffo.
-Sono la Principessa Morgana Von Doom. Se mi tratterai con il dovuto rispetto, Sasha Hammer, tu ed io diventeremo grandi amiche. Se non lo farai, ti ucciderò con le mie stesse mani. Che ne dici? – chiede Morgana mentre le toglie le manette. Sasha può sentire il potere scorrerle tra le vene...ma può anche vedere la scorta robotica della principessa. E si inginocchia.
-Ottimo. Non vedo l’ora di fare una bella chiacchierata tra ragazze – si compiace Morgana.
BREAKING DOOM
Parte 1 di 6
#13 – La
figlia del destino
Praga, Repubblica Ceca
La ragazza bionda con una M tatuata sull’occhio ha aspettato sul ciglio della strada per alcuni minuti, guadagnandosi qualche occhiata sospetta da parte dei passanti. Finalmente una macchina si ferma per farla salire: americana, proprio come lei.
-Per un attimo ho pensato che non ti saresti fatta vedere – commenta Layla Miller, sedendosi ed appoggiando gli scarponi sul cruscotto invece di allacciare la cintura di sicurezza.
-Hai ancora dei dubbi, vero? Ti capisco. Hai passato anni a fuggire dal tuo passato, ed ecco che ti ritrovi davanti qualcuno che non hai mai incontrato che ti spinge a ricordare che, in fondo, ti importa ancora troppo di lui per lasciarlo andare.
La donna al volante non risponde subito. Anche solo dalla sua postura, chiunque capirebbe che non sopporta l’idea di quello che sta per fare.
-Beh, ci muoviamo o no? Il destino non aspetta, Valeria, lo sai meglio di chiunque.
-Se questo è un trucco di Victor per farmi tornare da lui...
-Per favore. Pensi davvero che il Dottor Destino metterebbe in atto un piano così complicato?
-...
-Okay, esempio sbagliato. Ascolta, nessuno ti obbliga a fare niente. Se vuoi che me ne vada, se vuoi tornare alla tua vita e non incontrare mai più Victor, basta che tu me lo dica.
Valeria sospira. Non dice una sola parola, ma la macchina inizia a muoversi.
-Ottimo. Non pensavo che Destino fosse il tipo da apprezzare le donne di poche parole, ma tutto sommato ha un certo senso no? Lui non se ne sta mai zitto.
Lo sguardo glaciale di Valeria è l’unica risposta di cui Layla abbia bisogno; istintivamente, rimette i piedi a posto e si allaccia persino la cintura.
Newark, New Jersey
Un motel di quart’ordine è l’ultimo posto dove ci si aspetterebbe di incontrare l’ex erede designato dell’ultima monarchia assoluta europea.
Anche Kristoff Vernard sarebbe poco riconoscibile; il suo volto è coperto dall’ombra del cappuccio di una felpa verde, e sembra non curarsi del totale stato di abbandono dell’edificio.
Dietro di lui, Lancer invece inizia ad avere dei dubbi sulla piega che hanno preso gli eventi: in pochi giorni è passata dall’essere un agente scelto del Dottor Destino ad una fuggitiva senza alcuna idea sul da farsi.
-Siamo arrivati – dichiara Kristoff, aprendo la porta della propria stanza.
-Un bel cambiamento rispetto ad un castello – commenta Lancer, dal tono tutt’altro che entusiasta.
-E’ tutta una questione di prospettiva.
Dall’altra parte della porta, la stanza è completamente diversa dal resto dell’edificio: uno sgargiante salone barocco, con tanto di candelabro di cristallo ed una sfarzosa scalinata che conduce ai piani superiori.
-Wow. Immagino quanto ti costi l’affitto; qualcosa mi dice che non siamo più in New Jersey.
-Lo siamo, almeno parzialmente: la stanza si trova su più di tre dimensioni. Chiedo scusa per il disordine, ma non uso molto spesso questa base di operazioni.
-Farò qualche sacrificio – risponde Lancer, chiedendosi dove Kristoff riesca a vedere anche solo il minimo difetto in un luogo del genere.
Doomstadt, Latveria
Dalla torre più alta del castello è possibile vedere tutta la città, ed in una giornata soleggiata come oggi anche i monti Carpazi.
Morgana Von Doom si affaccia sulla torre, il mantello verde animato dal vento mentre lei scruta il proprio dominio. Sasha Hammer è alle sue spalle, finalmente libera dalle catene ma imprigionata in un costosissimo abito da cerimonia dallo stile troppo conservatore per i suoi gusti.
Le guardie se ne sono andate; l’unica cosa tra lei e Morgana è il massiccio robot viola che la segue ovunque: il suo visore non ha perso di vista Sasha neanche per un momento.
-Ti piace il mio paese, Sasha? – chiede Morgana.
-Non proprio, è una noia mortale. Quindi... come funzionano le cose adesso? Sei tu a governare?
-Fino a quando mio padre non sarà tornato. Tra poco più di un’ora sarò proclamata reggente.
-Non ne sembri proprio entusiasta.
-E’ tutta la vita che aspetto questo momento – sospira Morgana, ma dal suo tono di voce si direbbe che voglia intendere l’esatto contrario. Sasha fa un solo passo nella sua direzione, solo per essere bloccata dal massiccio braccio del robot.
-Nessuno può avvicinarsi alla principessa – tuona il robot. Sasha risponde mostrando il pugno, che risplende di energia rossa. Prima che possa scatenare le sue fruste laser, Morgana interviene:
-Lasciala avvicinare, Custode.
-Qual è il problema di questo ammasso di ferraglia? – chiede Sasha, mostrando il medio al robot.
-Custode è la mia guardia personale. La cosa più vicina ad un amico che abbia mai avuto.
-Uhg. Almeno le guardie del corpo che mi affibbiava mia madre erano dei bei maschi, anche se non molto più intelligenti di questo tostapane ambulante.
-Mia madre non sa che sono qui – si lascia scappare Morgana. Questa piccola rivelazione sembra intrigare particolarmente Sasha: che dietro l’atteggiamento altezzoso Morgana sia una ribelle nata come lei? Non può lasciarsi sfuggire l’occasione di scoprirlo.
-Sai, se avessi un paese tutto mio, vorrei sbattere in faccia a mia madre il fatto di non potermi più controllare.
-E’ ovvio che non conosci mia madre. Ma sai che cosa significa essere l’erede di un uomo potente dall’ambizione sfrenata... anche se si tratta solamente di una piccola pedina come il Mandarino.
-Se stai cercando di farmi arrabbiare, sei fuori strada: io odio mio padre – risponde Sasha.
-Per averti abbandonata quando ha deciso che non gli saresti stata utile?
-Tra le altre cose.
-Io non potrei mai odiare mio padre. Devo a lui tutto quello che sono.
-Allora dove sei stata in tutti questi anni? Destino è finito sui giornali un sacco di volte, ma non ha mai parlato di una figlia. Dove ti aveva nascosta?
-Non potresti mai capire. Le vie di Destino sono infinite.
-Credevo che quello fosse Dio.
-E che differenza c’è?
Dallo sguardo di Morgana, Sasha capisce che è una domanda assolutamente sincera. Ed anche se non sa dire precisamente cosa, realizza che dietro quegli occhi azzurri c’è qualcosa che non va.
-Ascolta, Morgana... adesso sei una donna adulta e vaccinata. Hai una tua nazione, per la miseria! Se vuoi la mia opinione, dovresti smetterla di pensare a tuo padre e concentrarti su qualcuno di più importante: te stes-
Sasha non fa in tempo a terminare la frase. Morgana l’afferra per il collo e la solleva con un braccio solo, aiutata dall’armatura, minacciandola con una caduta di decine di metri.
-Non esiste nessuno di più importante del Dottor Destino!!! – urla Morgana, gli occhi spalancati in una lucida follia. Sasha userebbe i suoi poteri per difendersi, ma il raggio energetico che Morgana è pronta a scaricare a mezzo centimetro dalla sua faccia la fa ricredere.
-Chiedo perdono...vostra maestà... – riesce a dire Sasha, cercando inutilmente di respirare.
-La clemenza è una virtù di Destino – concede Morgana, lanciando Sasha ad un paio di metri di distanza. L’atterraggio non è dei più confortevoli, ma Sasha sa di essere stata fortunata.
-La cerimonia avrà inizio tra un’ora. Vedi di renderti presentabile – si congeda Morgana, allontanandosi con passo altezzoso come se avesse tutte le ragioni del mondo per essere indignata.
-Non mi meraviglio che tu non abbia amici... – mormora Sasha.
Praga, Repubblica Ceca
Nella macchina c’è solo silenzio: Layla Miller e Valeria non si sono dette niente durante tutto il viaggio. Non c’è da sorprendersi: queste due donne non hanno assolutamente nulla in comune.
-Credi nella reincarnazione? – rompe il ghiaccio Layla.
-No.
-Ha i suoi vantaggi rispetto all’aldilà. Se finisci all’inferno o in paradiso, il tuo viaggio è terminato. La reincarnazione è potenzialmente una sfida eterna.
-Victor trovava il concetto affascinante – ricorda Valeria, con una punta di nostalgia nella sua voce.
-Abbastanza da studiare per anni un modo per forzare la propria reincarnazione. Pur essendo un megalomane, doveva mettere in conto la possibilità di morire.
-Sembra che tu lo conosca molto bene.
-Una volta mi ha uccisa – risponde Layla. [1]
-Sei parecchio loquace per un fantasma – commenta Valeria, senza scomporsi minimamente.
-Tecnicamente ha ucciso una mia versione alternativa di un altro universo, ma io ne ho ereditato tutti i ricordi quindi in un certo senso è la stessa cosa.
-Se lo dici tu. Sembri sapere molte cose. Se ti chiedo come fai, mi darai una risposta diretta invece di una vaga metafora filosofica?
-Lo farò quando lo avrò scoperto. Eccoci, siamo arrivati – rivela Layla, indicando l’ospedale civile che si trova a pochi metri dalla loro attuale posizione.
-Ne sei sicura? – domanda Valeria.
-Quando Destino si è cancellato dal tempo ho avvertito l’effetto a catena. Qui sento la stessa cosa.
-In altre parole, senti un disturbo nella Forza?
-La ragazza del Darth Fener originale ha visto Guerre Stellari, eh? Coraggio – la incita Layla, aprendo la portiera della macchina – Andiamo a risvegliare il Lato Oscuro.
Newark, New Jersey
Illuminato dalle fiamme di un camino, l’appartamento quadridimensionale di Kristoff è un voluto anacronismo: un castello medievale ricreato nei minimi particolari in un quartiere del New Jersey.
Lancer osserva Kristoff versarsi del vino in una coppa dorata; il fatto che indossi ancora i propri abiti civili rende la cosa ancora più paradossale.
-Non sei un po’ giovane per bere?
-Ho guidato un colpo di stato a dieci anni e sono stato un membro dei Fantastici Quattro e della Fantastic Force. Sono sempre stato precoce – risponde Kristoff, guardandosi bene dall’offrire qualcosa a Lancer e concentrandosi invece sul mappamondo che domina la stanza: ad un suo gesto, sul globo appaiono centinaia di luminosi punti verdi.
-Destino ne ha uno uguale – ricorda Lancer, ignorata da Kristoff che continua:
-Queste sono le basi di Destino con un accesso diretto alla sua griglia di teletrasporto. Se potessimo infiltrarci in una di esse, potremmo raggiungere il Castello ed attaccare Morgana prima che si accorga del nostro arrivo.
-Credevo avessi tutte le memorie di Destino; non puoi teleportarci lì direttamente? Dopotutto mi hai teleportata fuori dal Castello senza problemi l’ultima volta.
-Le difese sono state aggiornate rispetto agli schemi che ricordo. Ora che conoscono la firma energetica dei miei sistemi, se cercassi di introdurmi usando lo stesso metodo i miei atomi non si reintegrerebbero.
-Ed immagino che tu non possa semplicemente entrare in una delle ambasciate fingendo di essere Destino per lo stesso motivo.
-Sono stato dichiarato “persona non grata” a Latveria prima ancora dell’arrivo di Morgana: non posso mettere piede in una struttura governativa senza essere identificato. Ma se qualcuno che conosce a sufficienza le procedure latveriane si introducesse e mi desse accesso ai sistemi, potrei riprogrammare la griglia di teletrasporto per arrivare direttamente a Morgana.
-Per favore, non dirmi che mi hai fatto scappare dal Castello solo per mettere in atto un complicatissimo piano per farmi rientrare al Castello.
-Naturalmente no; ti ho portata via per guadagnare abbastanza tempo da trovare altri alleati. Non sei all’altezza di portare a compimento la missione da sola.
-Vedo che da Destino hai ereditato anche la diplomazia...
-Avrai bisogno di aiuto. Di qualcuno che possa entrare in una base latveriana senza farsi vedere.
-Come i Fantastici Quattro?
Kristoff si volta di scatto. E’ solamente un ragazzino, ma improvvisamente c’è un fuoco nei suoi occhi che Lancer trova terrificante.
-Richards e la sua famiglia non devono avere niente a che fare con questa missione.
-Scusa, è che quando hai parlato di non essere visti ho pensato... Allora chi?
-Qualcuno che ha significato molto per me. Anche se temo dovrò chiedere il permesso a suo padre.
Cattedrale di
Doomstadt, Latveria
Lucia Von Bardas ricorda ancora l’incoronazione di Destino. Era a malapena maggiorenne all’epoca, giovane erede di una nobile famiglia caduta in disgrazia, ma sapeva di assistere ad un momento storico. Un re che sembrava uscito da un’epoca leggendaria, incoronato dal Sovrano di Latveria che lo riconosceva come la persona più adatta a guidare il suo regno in una nuova era dorata.
Se quella ragazza avesse saputo che ad incoronare Destino non era stato il Principe Rodolfo ma una sua copia robotica, come lei ha scoperto da segretissimi registri di stato, forse avrebbe considerato l’occasione meno magica.
Ora che Lucia è Primo Ministro di Latveria, con tanto di abito da cerimonia, ed osserva un’altra incoronazione, non può che sentire di essere stata nuovamente ingannata.
Di fronte alla Cattedrale si è radunata una folla immensa, come è stato ordinato. Sono presenti tutte le maggiori cariche dello Stato, tutti i generali e comandanti delle forze armate, ed una quantità preoccupante di robot d’assalto.
Tutti sono qui per osservare le due figure ricoperte da un mantello verde scuro. Victor Von Doom, in armatura scintillante e con più medaglie appuntate sul petto di quante possa meritarne un essere umano. Ed una ragazza dai capelli corvini a malapena maggiorenne, regale e composta come se si fosse preparata per tutta la vita a questo momento.
-Morgana Cynthia Victoria Von Doom. Giuri solennemente di proteggere il Regno di Latveria e la sua gente, di distruggere i suoi nemici, di usare le sue risorse e la tua volontà per il bene supremo del pianeta, e di non rispondere ad alcuna autorità al di fuori di quella del tuo re?
-Lo giuro solennemente in nome del mio onore.
-In qualità del potere che è mio per diritto di conquista, io re Victor I di Latveria, ti nomino erede della Casata Von Doom, Duchessa di Doomstadt e Principessa Ereditaria di Latveria.
Morgana si inginocchia per lasciare che Destino le porga la corona. Ma non è lui ad incoronarla: la ragazza prende in mano il simbolo del potere, si rialza in piedi e si incorona da sola.
-Il potere deve essere conquistato perché abbia valore. Giuro solennemente che mi dimostrerò degna di essere Destino, padre.
-Come è giusto che sia, figlia. Popolo di Latveria! Acclamate la Principessa Destino!
La folla esulta, in un applauso che quasi supera le campane della cattedrale ed il rombo dell’aviazione latveriana che sorvola a bassa quota la cerimonia.
Morgana saluta la folla con grazia, soffermandosi sui ministri ed i capi militari che intima ad applaudire lanciando loro uno sguardo glaciale. Poi solleva una mano per indicare alla folla di tacere, e questa obbedisce anche grazie ai robot che rispondono imbracciando i fucili laser.
Morgana si rivolge alle telecamere volanti di fronte a lei: questa sarà la prima immagine che darà di sé al mondo. Il Dottor Destino è al suo fianco, ma questo è il suo momento.
-Popolo di Latveria. Mi rivolgo a voi e a tutti i Paesi che ci stanno osservando.
Casa Parker, Queens
I canali di notizie non parlano d’altro che da ore: nonostante il pochissimo preavviso, tutti i maggiori network dispongono di immagini in diretta da Latveria con traduzione simultanea.
-Anni fa, quando mio padre salì al trono, Latveria era una nazione molto diversa da quella che è oggi. Nessuno di voi può negare quanto le sue azioni abbiano cambiato il volto di questa terra.
Peter Parker osserva incredulo le immagini. Non avrebbe mai detto che Destino potesse avere una figlia... l’ultima volta che si sono visti, si è messo a pontificare quanto avere una famiglia fosse una debolezza per l’Uomo Ragno [2]. E Destino non è il tipo da cambiare idea facilmente.
La figlia di Peter si avvicina al televisore, indicando le immagini trasmesse.
-Papà, la signora è davvero una principessa?
-Non lo so, May, non lo so – risponde Peter. Non sa che cosa pensare, tranne una cosa: che sua figlia sta osservando con ammirazione l’erede di uno degli uomini più malvagi della storia.
E questo lo terrorizza più di qualunque cosa abbia mai fatto il Dottor Destino.
Stark Tower,
Manhattan
Tony Stark stacca gli occhi dal televisore solo per controllare le chiamate non risposte sul suo telefono: sono ormai a decine, la maggior parte da parte di super-eroi.
-Oggi Latveria è più prospera che mai, ma il resto del mondo non l'ha ancora raggiunta. C'è ancora molto che mio padre può fare per l'umanità intera, ed è mia ferma intenzione aiutarlo.
Pepper Potts si avvicina a Tony, notando lo sguardo preoccupato del suo compagno.
-Tu ne sapevi qualcosa?
-Destino ha parlato di figli l’ultima volta che ci siamo visti [3], ma credevo parlasse per metafore. Quell’uomo non riesce a fare a meno di parlare in continuazione di se stesso...
-Sì, non riesco a credere che qualcuno si comporti così – gli lancia una frecciatina Pepper.
-Destino non è il tipo da tenere una cosa del genere segreta a lungo. A meno che quella ragazza non provenga dal futuro o non sia un sofisticato robot, con Destino non si può mai sapere. Eppure...
-Qualcosa ti preoccupa?
-Qualunque cosa collegata a Destino mi preoccupa sempre. Ma giurerei che c’è qualcosa di familiare in quella ragazza.
- Pertanto, per volere
di Destino da questo momento assumo la reggenza di Latveria non per diritto di
nascita, ma in virtù della forza di volontà che mio padre mi ha trasmesso.
-E non è soltanto il suo ego.
Four Freedoms Plaza, Manhattan
Silenzio stampa.
Un’anonima palazzina
a New York
Scott Lang è stato molte cose: inventore, ladro, eroe. Oggi nessuna di queste cose è più importante per lui: l’unica cosa che gli sta a cuore è il benessere di sua figlia Cassie.
I due si erano allontanati dopo la separazione di Scott dalla moglie, ma ora sono più vicini che mai.
-Papà, dobbiamo proprio guardare questa roba? – chiede Cassie, che a differenza del padre non ha fatto molta attenzione al discorso di Morgana.
-Cassie, questo potrebbe essere un momento storico. Chissà quali ripercussioni avrà questa...
-Io vado a prendermi da bere – lo interrompe la figlia, sollevando gli occhi al cielo.
Perché tutti i super-eroi della vecchia guardia sono sempre così preoccupati da quello che riguarda Dottor Destino? Cassie è troppo giovane per ricordare un mondo senza la sua costante minaccia: per lei, Destino è sempre stato qualcosa che ha sempre spaventato i grandi ma che non ha mai fatto nulla di veramente eclatante. Mentre pensa questo, qualcuno suona alla porta.
-Vado io – si offre Cassie, nonostante questo sia l’appartamento del padre; tutto pur di non continuare a seguire quello stupido servizio.
-Ant-Girl. Ho bisogno del tuo aiuto – dice qualcuno dall’altro lato della porta.
Cassie non è abituata a sentirsi chiamare con il proprio nome di battaglia, ancora meno quando è in abiti civili. Spalanca la porta e si trova davanti un ragazzo di alcuni anni più vecchio di lei.
Cassie impiega un secondo a riconoscerlo: se lo ricordava più giovane, ma non ha alcun dubbio sul fatto che sia Kristoff Vernard. E lo saluta con uno schiaffo in faccia.
-Presumo che tu preferisca ancora “Cassandra” – commenta il ragazzo, accarezzandosi la guancia.
-Vieni dentro prima che ti veda qualcuno – protesta Cassie, praticamente trascinando Kristoff all’interno; non è sicura di chi sia la donna alle sue spalle, ma la lascia entrare.
-Cassie, chi era alla... Tu – lo riconosce Scott Lang, decisamente poco contento di vedere Kristoff.
-Lancer, lascia che ti presenti Ant-Man e sua figlia Ant-Girl.
-Dovrei darti un pugno in faccia, lo sai vero? – aggiunge Scott.
-Eravamo compagni di squadra – chiarisce Kristoff.
-No – prosegue Scott.
-La tua propensione a sminuire il tuo contributo è comprensibile, Lang, considerato quanto è sempre stato limitato, tuttavia...
-Voglio dire che qualunque cosa tu sia venuto a chiedere, la mia risposta è “No”.
-Quindi mi impedirai di reclutare Cassandra per una missione contro Morgana?
-No. Aspetta, voglio dire sì. Vedi perché non lo sopporto? – Scott chiede alla figlia.
-Hai bisogno di me? Per fare cosa?
-Usare i tuoi poteri rimpicciolenti per entrare in una delle basi segrete di Destino. Anche tuo padre sarebbe all’altezza del compito, per quanto sia incredibile pensarci, ma Destino lo conosce: i sistemi di difesa sono sicuramente strutturati per contrastarlo. La tua carriera di Ant-Girl, tuttavia, è estremamente più breve e si è svolta principalmente in un universo parallelo. [4]
-Assolutamente no. E’ troppo pericoloso – protesta Scott.
-Te l’avevo detto che saremmo dovuti andare dai Fantastici Quattro – ricorda Lancer.
-Cassandra, Lang, vi prego. Siete i miei unici amici, gli unici che abbiano mai creduto che io potessi diventare un eroe. Ho bisogno del vostro aiuto per salvare il mondo.
Sanctum Sanctorum,
Greenwich Village
Stephen Strange non ricorda neanche l’ultima volta in cui ha guardato la televisione. Credeva di aver visto le cose più strane nella sua carriera di Stregone Supremo, ma non si aspettava certo di assistere ad un discorso della figlia di Victor Von Doom.
-Ai cittadini di Latveria giuro di regnare seguendo l'esempio e la perfezione di mio padre.
Il fedele Wong si avvicina al Dottor Strange, porgendogli una tazza di the ed osservando il televisore solo con la coda dell’occhio.
-Non ero sicuro che funzionasse ancora. Come facevate a sapere di dovervi sintonizzare?
-Ho ricevuto una lettera di Layla Miller.
-La sua giovane discepola? [5] L’ultima lettera che ricordo risale a un mese fa.
-Precisamente, Wong. Qualcosa mi dice che quella ragazza sia molto più di quanto sembra.
-Quale ragazza, Morgana o Layla?
-E che il resto del mondo ricordi sempre: Destino è inevitabile.
In tutta onestà, il Mago Supremo non sa come rispondere.
Praga, Repubblica Ceca
Valeria non si è ancora fatta un’idea precisa di Layla Miller. Anche se ha capito immediatamente di non potersi fidare completamente di lei, c’è qualcosa di carismatico nella sua sicurezza di sé: sembra sapere sempre alla perfezione cosa fare e cosa dire.
Ora che sono all’interno dell’ospedale, però, inizia a pensare che sia solo una facciata: Layla sembra sperduta, guardandosi attorno visibilmente spaesata.
-Qualcosa non va? – chiede Valeria.
-Non lo so. Sono sicura che si trovi qui ma... non lo so, c’è qualcosa di incompleto.
-Che ci facciamo nel reparto ustionati?
-Te l’ho già detto. Stiamo cercando la reincarnazione di Destino.
-Appunto. Credevo dovessimo andare in reparto maternità.
-Certo, ce lo vedi Destino a scegliere di reincarnarsi in un neonato? Ecco, credo sia qui.
Nella stanza c’è un solo paziente. Il suo respiro è accompagnato dal beep di una macchina ed il suo volto è ricoperto di bende. L’infermiera che sta controllando la sua flebo si accorge dell’arrivo delle due donne, dicendo loro in ceco:
-<Non dovreste essere qui>.
-<La prego, ci vorrà solo un minuto>. Sei sicura che sia lui? – chiede Valeria.
-Dammi un minuto. Puoi chiederle che cosa gli è successo? – risponde Layla, avvicinandosi al paziente.
-Credevo sapessi tutto.
-So molte cose. E’ diverso.
-<Conoscete quest’uomo? Non siamo riusciti ad identificarlo> - dice l’infermiera.
Layla si avvicina abbastanza da intravedere cosa c’è sotto le bende: qualunque cosa gli sia successa, la sua pelle ha subito ustioni di terzo grado.
-Andiamo Doc, lo so che sei lì dentro. Non vorrai arrenderti proprio adesso, vero?
L’uomo spalanca gli occhi. Prima che Layla se ne renda conto, l’uomo le stringe il collo facendo pressione sulla carotide. Scatta in piedi, incurante della flebo ancora collegata al braccio, e sbatte violentemente Layla contro il muro.
-<Fai una mossa e ti spezzerò il collo> - minaccia l’uomo in latveriano.
-Non...capisco... – risponde Layla con un filo di voce. Fissando negli occhi del suo aggressore, non ha mai avuto così tanta paura in vita sua.
-Ora ti farò una domanda. La tua vita dipenderà dalla risposta. Mi capisci ora?
Layla annuisce, ora che l’uomo sta parlando in inglese. E la sua domanda è l’ultima che si aspettava:
-Chi sono? – chiede il Dottor Destino.
CONTINUA !
Note
[1] Durante la saga MIT Crossover
[2] Nella storia di Mickey dello Speciale Anniversario Destino
[3] Sul numero 7 di questa serie
[5] Nella serie MIT del Dottor Strange